Formulazione sintetica delle
fondamentali verità della fede cristiana, più comunemente nota
come
Credo, dalla prima parola con cui inizia la versione latina della
redazione più diffusa, quella niceno-costantinopolitana. In origine
questa professione di fede era connessa al rito sacramentale: prima di ricevere
il Battesimo, infatti, al catecumeno era chiesto di dichiarare la sua fede. Il
termine
s. di f., in quanto compendio della fede, rimandava dunque al
termine greco nella sua accezione di segno di riconoscimento: la liturgia
sacramentale prevedeva anche il rito della consegna materiale, al neobattezzato,
del
s. di f. (
traditio symboli), quale pegno della sua
appartenenza alla comunità dei credenti. In seguito, nella definizione
divenne prevalente un'accezione di
s. di f. come
regola di
verità, dottrina di fede, riferimento per una sicura definizione
dell'ortodossia. Già nel Nuovo Testamento, del resto, sono riconoscibili
vere e proprie formule di fede: alcune di tipo cristologico (relative
cioè alla divinità di Gesù), altre di tipo binario (che
stabiliscono cioè la relazione tra Padre e Figlio), altre, infine, di
tipo trinitario (che inseriscono in tale relazione lo Spirito Santo). Queste
brevi formulazioni, che probabilmente fissavano nel testo scritto elementi
ricorrenti nella predicazione orale o già in uso nei momenti di preghiera
comunitaria, si affermarono all'interno delle prime liturgie. Secondo gli studi
filologici, una professione di fede trinitaria per uso battesimale era
già attestata alla fine dell'epoca neotestamentaria, riportata da
Giustino (metà del II sec.): essa si articolava in forma di tre domande e
tre risposte (corrispondenti alla triplice immersione battesimale). La
necessità di chiarire globalmente l'ortodossia rispetto alle eresie
emergenti e di istruire adeguatamente i catecumeni avviò un graduale
processo di unione delle proposizioni trinitarie con quelle cristologiche e con
la definizione di altre verità fondamentali (risurrezione della carne,
santità della Chiesa, ecc.), che finirono per costituire la cosiddetta
forma antiquior, cioè la redazione più antica da cui
dipendono tutti i successivi
s. di f. ║
S. di f. romano:
antica
professione di fede della Chiesa di Roma, di cui ci sono note la
versione greca di Marcello di Ancira (340 circa) e quella latina di Rufino di
Aquileia (404 circa). Il
s. di f. si sviluppava in tre sezioni relative
alle tre persone divine, di cui quella dedicata al Figlio era la più
ampia, seguite dalla dichiarazione di fede nella Chiesa, nella remissione delle
colpe e nella resurrezione della carne. La forma di
s. di f. attestata da
Marcello e Rufino, introdotta verosimilmente nel III sec., si diffuse in quasi
tutte le Chiese occidentali (Milano, Aquileia, Braga, Cartagine, ecc.). ║
S. di f. apostolico: di redazione successiva al
s. di f. romano,
se ne discosta per l'inserzione di alcune precisazioni, tratte da varianti di
s. di f. diffusi nelle Chiese occidentali a partire dai secc. IV-V. La
forma del
s. di f. apostolico si deve alla volontà di Carlo Magno
di unificare le diverse varianti in uso come professione di fede nei territori
del suo Impero. Egli stabilì questa formula unica, detta
s. di f.
apostolico, non tanto perché la si volesse direttamente scritta dagli
apostoli (benché poi si credesse questo per lungo tempo), ma
perché concepita in piena continuità di contenuti con le
verità di fede che essi avevano predicato. Il
s. di f. apostolico
consiste in 12 articoli, relativi: il primo a Dio padre, dal secondo al settimo
al Figlio, l'ottavo allo Spirito e i rimanenti alle verità fondamentali.
Le aggiunte rispetto al
s. di f. romano sono: la definizione di Dio Padre
come “creatore del cielo e della terra”; la formula “concepito
dallo Spirito Santo e nato da Maria vergine”; la citazione della discesa
agli Inferi di Gesù dopo la sua morte; la dichiarazione di fede nella
Chiesa in quanto santa e cattolica (universale) e nella Comunione dei santi; la
specifica dei contenuti dell'attesa escatologica (resurrezione della carne e
vita eterna). La sostituzione del
s. di f. romano con quello apostolico
fu particolarmente difficoltosa nella diocesi romana, ma può dirsi
compiuta intorno all'epoca degli Ottoni, nei secc. X-XI. ║
S. di f.
niceno-costantinopolitano: fu esito della prima grande sistemazione
teologico-dottrinale della Chiesa, avvenuta in particolare nei due Concili
ecumenici di Nicea (325) e di Costantinopoli (381). Il primo si era occupato in
prevalenza di dirimere il problema cristologico, posto dalla dottrina ariana che
il concilio ripudiò poi come eretica, circa la consustanzialità
tra le persone del Padre e del Figlio; il secondo si svolse intorno alle
tematiche trinitarie, in particolare avversando la dottrina modalista
(V. MODALISMO) che rifiutava il concetto di
Trinità. Anche questa redazione del
s. di f. dipende
essenzialmente dalle professioni di fede romana e apostolica, rispetto alle
quali furono inserite formule specifiche a definire le problematiche sopra
accennate e quelle relative allo Spirito Santo. L'affermazione di questa forma
del Credo (che è quella a tutt'oggi recitata durante la liturgia
eucaristica cattolica) cominciò dal VI sec., dapprima nelle liturgie
battesimali, quindi in quella eucaristica, sia in Oriente sia in Occidente e si
impose definitivamente durante l'XI sec. Tuttavia nel 1014, per volere di papa
Benedetto VIII, una delle formule relative allo Spirito (definito dal
s. di
f. niceno “Signore e vivificante, che procede dal Padre, e con il
Padre e il Figlio è adorato e glorificato, che ha parlato per mezzo dei
profeti”) fu integrata, con l'espressione
Filioque, in “che
procede dal Padre
e dal Figlio”, aprendo così la
discussione dottrinale che servì da causa contingente per lo Scisma
d'Oriente (V. SCISMA). La Chiesa anglicana,
ciò nonostante, ha indicato questo
s.
di f. come base per
il dialogo ecumenico e interconfessionale dei cristiani. ║
S. di f.
atanasiano: noto anche come
Quicumque, dalla sua prima parola,
consiste in una professione di fede di 40 proposizioni, relative alla
Trinità e alle due nature in unica persona di Cristo. Fu erroneamente
attribuito ad Atanasio di Alessandria (IV sec.) ma è più probabile
una sua ascendenza occidentale, forse gallicana, e databile alla seconda
metà del V sec.: la versione greca è una traduzione dalla
redazione originale latina. Probabilmente è la fonte principale della
dottrina del
Filioque (V. SOPRA),
sostenendo la processione dello Spirito sia dal Padre sia dal Figlio.